Con il termine abuso sessuale di minore ci si riferisce generalmente ad attività sessuali prive di consenso che includono la stimolazione sessuale del bambino , ma possono comprendere anche atti non corporali come ad esempio il costringere il bambino a guardare i genitali del soggetto abusante o a esibire i suoi o a visionare materiale pornografico, ad assistere ad atti sessuali, ma anche attraverso l’uso di un linguaggio sessuale esplicito o alla mercificazione del corpo del minore per puro tornaconto personale.

Tutte queste diverse modalità hanno come comune denominatore l’azione violenta che va ad agire anche sulla vita psicologica e sociale del minore con gravi ripercussioni sui processi di sviluppo e maturazione della sua sessualità.

In alcuni di questi casi il soggetto adulto abusato da piccolo può avere dei condizionamenti nella sua sfera sessuale o con le relazioni con il partner ed incorrere in disturbi della sessualità che possono sfociare in vere e proprie deviazioni sessuali note con il termine più appropriato di parafilie

Il termine parafilia ha sostituito il termine sicuramente più descrittivo anche se ben più giudicante di perversione sessuale e sottolinea il fatto che la deviazione (para) sia determinata dall’oggetto da cui l’individuo è attratto senza alcuna possibilità di autocontrollo (filia)

Queste condotte sessuali vengono agite dal soggetto e non solo semplicemente fantasticate in condizioni stressanti, ma anche in modo costante e non solo occasionale.

Nel manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali DSM-IV tra le parafilie troviamo la pedofilia descritta come l’atto o la fantasia di impegnarsi in attività sessuali con bambini prepuberi la quale consiste nel metodo ripetutamente prescelto o esclusivo per il raggiungimento dell’eccitazione sessuale.

Nelle condizioni abusive rientrano come parametri

  • La significativa differenza di età e quindi il differente grado di maturazione dell’abusante rispetto al bambino
  • La posizione di autorità o di “caretaking” dell’abusante rispetto al bambino
  • l’uso della violenza, delle minacce e/o dell’inganno.

I criteri diagnostici adottati per riscontrare una diagnosi di pedofilia sono tre:

  1. Un periodo di almeno 6 mesi,
    sviluppo di fantasie, impulsi
    sessuali, o comportamenti
    ricorrenti, e intensamente eccitanti
    sessualmente, che comportano
    attività sessuale con uno o più
    bambini prepuberi (generalmente di
    13 anni o più piccoli);
  2. La persona ha agito sulla base di
    questi impulsi sessuali o gli impulsi
    o le fantasie sessuali causano
    considerevole disagio o difficoltà
    interpersonali;
  3. Il soggetto ha almeno 16 anni e è di
    almeno 5 anni maggiore del
    bambino o dei bambini di cui al
    primo criterio.

Ciò che balza subito all’ occhio è che in tale
classificazione non è incluso il soggetto
tardo-adolescente coinvolto in una
relazione sessuale con un soggetto di 12-13
anni.

Per questi soggetti con diagnosi di
pedofilia, non viene infatti specificata una precisa
differenza di età, e si deve ricorrere alla
valutazione clinica che includa la maturità sessuale del
minore e differenza di età.

Solitamente questi soggetti dimostrano attrazione per i bambini di una
particolare fascia di età e mentre alcuni sembrano preferire i maschi, ed altri le femmine, altri ancora sono attratti da ambo i sessi.

Non sempre questi soggetti presentano una personalità psicopatologicamente deficitaria, infatti quella del pedofilo è una categoria estremamente eterogenea.

In molti casi questa condotta sessuale è dettata non da un disturbo mentale, ma da un labilissimo adattamento alla realtà

Negli anni ’70 alcuni ricercatori dell’FBI, in uno studio condotto
su 26 pedofili, osservarono alcuni elementi in comune tra i Child sex offenders, a
prescindere dal tipo di perversione sessuale che presentavano (Ressler, Burgess,
Douglas, 1988).

Tra questi notarono che il piacere sessuale proviene da un atto masturbatorio successivo all’atto perverso e che l’atto in se provoca una scarsa eccitazione sessuale per questo il
pedofilo torna velocemente a a ricercare una nuova vittima con cui ricreare
il piacere erotico.
Inoltre nei casi in cui il bambino non faccia parte della propria famiglia non vi è coinvolgimento emotivo con la vittima , la quale viene usata oggettificata usata come veicolo di appagamento sessuale.

Sono molti gli studi e le teorie che si sono succedute nel corso degli anni per cercare di dare una spiegazione dell’origine di questo fenomeno che vada oltre quella “giustificazionista” dell’ abusatore a sua volta abusato .

La maggior parte della comunità scientifica concorda nel ritenere la pedofilia non come un disagio psicopatologico, ma come una volontà cosciente volta al soddisfacimento di un impulso sessuale attraverso soggetti che non sono in grado di opporre resistenza e che non sia appannaggio esclusivo degli uomini, infatti la ricerca empirica e l’osservazione clinica hanno dimostrato come le fantasie perverse siano presenti in entrambe i sessi con elevato rischio di recidiva non solo nei child- sex offender , ma nei sex- offender in generale.

Linda Corsaletti

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