Uno degli errori più grandi che si fa quando un caso diventa molto noto alle cronache e a livello giudiziario viene definitivamente chiuso è quello di pensare che ormai non ci sia più nulla da dire al riguardo.
Di Stevanin si è tornato a parlare recentemente in un documentario andato in onda su canale nove.
Intervistato presso il carcere di Bollate a Milano, appare vistosamente appesantito e invecchiato dopo anni di detenzione vissuti in assoluto silenzio.
Capelli lunghi, scoloriti e non più appositamente rasati per mostrare astutamente in tribunale la vistosa cicatrice sulla testa; riportata anni prima in seguito ad un incidente in moto e sulla quale si è dibattuto a lungo in merito la capacità di intendere e volere.
Solo il suo sguardo e la sua voce non sono cambiati, ma anche la sua versione dei fatti è sempre la stessa. le sue vittime non sono morte perché lui le soffocava e strangolava, ma a causa di un gioco erotico finito male.
All’epoca dei fatti era un giovane elegante ed educato, attirava le sue vittime nel casolare disabitato di famiglia con la scusa di scattare foto hard in cambio di denaro, ma poi puntualmente arrivava il sesso estremo con esito mortale.
I cadaveri venivano smembrati, saponificati, raccolti in sacchi di juta poi sepolti nel suo terreno o buttati nell’Adige.
Lui ancora oggi dichiara: “Non ricordo di averle uccise, ma solo di averle sepolte” .
Le sue vittime non morivano mai a causa sua , era sempre accidentale l’esito mortale del suo comportamento, ma questo non gli impediva di tornare nuovamente a caccia dopo aver seppellito la sua vittima precedente.
La storia inizia una sera di martedì intorno alle 21.15 su una strada isolata a pochi chilometri da Vicenza.
Una berlina scura si accosta al lato della strada dove c’è Gabriele.
Il conducente si presenta come Gianfranco e dice di essere un fotografo.
La ragazza è titubante, ma poi come lei stessa racconterà si accordano per 500 mila lire a patto che non venga fotografata in volto,
Impiegano circa 40 minuti per arrivare a Terrazzo, dove Stevanin dice di avere lo studio fotografico e durante il tragitto alla ragazza vengono fatte domande strane , le viene chiesto se è clandestina, se ha con se i documenti, ma le vengono fatte domande anche sulle sue preferenze sessuali.
Il mostro si stava accertando che nessuno ne avesse reclamato la scomparsa.
Si fermano di fronte al cancello di una casa che appare deserta, con le luci spente e le finestre sbarrate
Entrano in cucina dove tutto è pronto per le foto, ma nella stanza ci sono anche corde di nylon, delle bende e un’atmosfera inquietante ed è qui che Gabriele ha un ‘esitazione:vuole essere riaccompagnata indietro.
L’uomo diventa aggressivo, la minaccia con un coltello da cucina e una pistola, la costringe ad indossare una tuta attillata e inizia a scattarle delle foto, in seguito la fa spogliare e le chiede di sedersi sulle sue ginocchia, fa una foto con l’autoscatto e altre in cui si simulava un rapporto orale, poi successivamente la violenta.
Stevanin però non è soddisfatto, vuole qualcosa di più forte così chiede alla ragazza di farsi ritrarre con mani e piedi legati, lei rifiuta e tenta la fuga verso il garage.
Lui la raggiunge, la minaccia e dopo averla bendata, la lega al tavolo.
La ragazza fa un ultimo tentativo per provare a salvarsi e chiede di poter andare in bagno.
Lui acconsente ma quando capisce che sta cercando di scappare dalla finestra sfonda la porta e la trascina fuori tirandola per i capelli.
La ragazza capisce che deve assecondarlo perché solo in quel modo Stevanin si tranquillizza, lo lascia fare ed è in quel momento che la ragazza ha l’intuizione che le salverà la vita: gli dice di avere dei soldi a casa, venticinque milioni in contanti e che è pronta a darglieli.
Lui è interessato e decide che andranno a prenderli .
Il piano della donna è quello di approfittare di un momento di distrazione dell’uomo e saltare fuori nel momento in cui l’auto si fermerà al casello di Vicenza.
Il piano funziona e la corsa di Gabriele fino all’auto della polizia che stava effettuando un posto di blocco proprio in quel punto, apre un sipario che mostrerà uno scenario sempre più inquietante.
Il giovane rimasto fermo in auto è già noto alle forze dell’ordine per guai con la giustizia avuti da giovane.
Figlio di proprietari terrieri e da sempre attratto dal denaro tra il 1978 e il 1979 è stato processato per rapina, violenza privata, simulazione di reato.
Stevanin aveva finto il suo rapimento e aveva chiesto un riscatto di un milione ai suoi genitori.
Se può già sembrare abbastanza per delinearne un quadro psicologico, in realtà siamo solo all’inizio della sua carriera criminale.
Nel 1989 nel bagagliaio della sua auto la polizia trova una scacciacani, due coltelli, guanti di lattice e bende.
Seviziava già prostitute?
Il 3 luglio del 1995 un contadino alle dipendenze degli Stevanin si imbatte in un sacco di juta sepolto contenente a sua volta un sacchetto di nylon appesantito da due mattoni e all’interno erano presenti dei resti umani.
Sono quelli di una donna tra i 17 e 25 anni , un tronco senza braccia, gambe e testa
Carabinieri e polizia setacciano anche i terreni intorno e la cascina all”interno della quale vengono rinvenute pillole anticoncezionali, mattoni dello stesso tipo di quelli rinvenuti nel sacco, le stesse buste di nylon e materiale per il sesso estremo oltre che riviste a luci rosse, taglierini, coltelli, strumenti sanitari e necrologici, corde e bende di vario tipo e addirittura un sacchetto contenente peli pubici e documenti di identità appartenenti a due ragazze scomparse.
Ciò che colpirà di più gli psichiatri sarà il rinvenimento di un libro di J. Katzenback “facile da uccidere”, il quale racconta la storia di un fotoreporter serial killer contenente analogie inquietanti talmente palesi da far sospettare che avesse preso il personaggio del libro come modello.
L’attenzione degli inquirenti si concentra invece sui documenti rinvenuti all’interno del casolare appartenenti a due donne già schedate Claudia Pulejo e Biljana Pavlovic.
Claudia Pulejo scompare nel gennaio del 1994 ex fotomodella, costretta a prostituirsi a causa della sua tossicodipendenza.
Quella sera aveva un appuntamento con Stevanin, dal quale non ritornerà, ma lui si difende dicendo che lei a quell’appuntamento non si è mai presentata.
Dopo 8 mesi , nel settembre del 1994 scompare improvvisamente Biljana Pavlovic di anni 25 .
Ne 1995 arriva un altro colpo di scena.
In una parte del terreno adiacente il pagliaio il cugino di Stevanin , sotto circa 80 centimetri di terriccio in corrispondenza della concimaia, trova un altro corpo femminile ormai quasi del tutto saponificato, avvolto in un telone blu che ne ha impedito la decomposizione.
La donna è nuda piegata in due e legata all’altezza di mani e piedi, ha la testa infilata in un sacchetto di plastica e ha una corda stretta al collo.
Apparentemente non mostra segni evidenti di violenza , ma l’autopsia rivelerà la presenza di un foro nell’osso iliaco e l’assenza dell’utero.
Il corpo della donna rinvenuta cadavere appartiene a Biljana Pavlovic.
Stevanin dice di non saperne nulla riferisce solo che una volta si era accorto che in un punto del terreno non cresceva la soia che aveva seminato ne disegna il punto esatto agli inquirenti i quali il 1° dicembre del 1995 fanno un’altra macabra scoperta.
A ridosso del magazzino nel podere degli Stevanin in una fossa emerge un altro corpo.
Le analisi del DNA, stabiliscono con certezza che si tratta di Claudia Pulejo rimasta seppellita per quasi due anni.
Stevanin dichiarerà di non capire perché qualcuno abbia nscosto il corpo di Claudia nel suo terreno.
Più sul tavolo degli inquirenti iniziano ad accularsi non semplici indizi, ma prove schiaccianti, più lui nega con lucida freddezza e scarsa capacità manipolatoria.
Non le ha uccise, sono morte accidentalmente durante un’attività sessuale estrema, non è mai colpa sua come dichiara ancora oggi nel documentario di pochi giorni fa, ma del nodo troppo stretto intorno al collo o del sacchetto di plastica, lui neanche si accorgeva che stavano morendo e essere chiamato “mostro”, lo infastidisce, la trova un’esagerazione.
Durante i molti interrogatori Stevanin fa un’altra dichiarazione sconcertante.
Parla di una notizia sentita alla radio circa un paio di anni prima nel luglio del 1994, in cui si parlava del ritrovamento del cadavere di una donna in un fiume vicino Terrazzo..
La permanenza in acqua del cadavere aveva reso irriconoscibile il corpo.
La donna si chiamava Blanzeja Smoljo di anni 24.
Nella foga del rapporto sessuale non si era nuovamente reso conto di stringere troppo, la donna muore e lui si sbarazza dell’ennesimo cadavere.
Le sue vittime sono finite o tutte quelle foto di ragazze appese al muro potrebbero aggiungersi alla sua macabra lista?
Stevanin poteva essere fermato prima?
Quale é l’esatto numero di vittime imputabile a questo serial killer?
E pensare che cinque anni prima nel 1989 una prostituta di nome Maria Luisa Mezzari viene trovata ferita e sotto shock ed una volta ascoltata racconterà che un uomo la cui descrizione calza a pennello con quella di Stevanin, le aveva offerto 600 mila lire per posare nuda in alcune foto.
Oggi come allora Gianfranco Stevanin risponde a tutte le domande raccontando solo la sua realtà e lo fa senza mai pronunciare una parola a favore delle vittime.
Prova a manipolare continuamente il suo interlocutore asserendo che se avesse voluto uccidere non avrebbe offerto una mela a una delle ragazze dandogli un coltello per sbucciarla, col rischio che si sarebbe potuta difendere e non avrebbe preso il casello autostradale sapendo che ci sarebbe stato un blocco di polizia.
Come poteva saperlo?
Anche quando gli viene chiesto perché vuole uscire dal carcere lui dice che ha bisogno di provare ad avere una relazione basata sui sentimenti e non sul sesso , ma non rivolge nessuna parola alle vittime o ai loro parenti.
Non mostra pentimento perché empatia e rimorso sono sentimenti che non conosce.
Linda Corsaletti
Foto fonte web
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