Quando un caso non trova soluzione viene definito “cold case”, diventa un caso freddo dal quale però è ancora possibile pretendere il disvelamento della verità fattuale, soprattutto grazie alla costante evoluzione delle tecniche di indagine e della strumentazione in ogni campo delle scienze forensi.
Il caso del collezionista di ossa della Magliana è un vero rompicapo degno dell’ acume di Sherlock Holmes, un inquietante mistero che dal 2007 è custodito nella città eterna e sebbene il susseguirsi dei vari tentativi di svelarlo hanno aperto scenari interessanti, sembra non ci sia tuttora modo di collegare i vari pezzi di questo puzzle investigativo.
Siamo a Roma, in via della Pescaglia, alla Magliana quando scoppia un incendio in un canneto adiacente una fabbrica di ferro.
Il proprietario chiama i vigili del fuoco, ma durante le fasi di spegnimento si accorgono della presenza di un oggetto a forma sferica, che si rivelerà essere un cranio umano.
Sul posto arrivano, la polizia di stato, il magistrato di turno e viene predisposto l accesso ai luoghi al Dott. Luigi Cipolloni, medico legale.
Procedono ad un ulteriore ispezione dell’ area che delimitava il canneto nella vegetazione ormai bruciata presente al ridosso del muro di recinzione della ditta e del terreno circostante.
Vengono rinvenute e repertate numerose ossa umane e poco distante sul greto del Tevere viene ritrovato un marsupio in materiale plastico di colore blu, all’interno del quale era contenuto un porta documenti e due mazzi di chiavi e accanto degli abiti laceri.
La carta di identità contenuta al suo interno, ormai rovinata dall’ azione dell’acqua e del fuoco rivela ugualmente la sua appartenenza agli operatori di polizia scientifica.
Gli effetti personali rinvenuti sul luogo sono di Libero Ricci, dell’ età di anni 77 verso il quale era stata presentata denuncia di scomparsa in data 31 ottobre 2003.
Si era recato sul posto per fare una passeggiata e non aveva più fatto ritorno a casa.
Le ossa erano disposte in modo talmente ordinate da far supporre nell’immediato che il cranio appartenesse a quello scheletro ed a causa del getto d’acqua dei vigili del fuoco si fosse staccato dal resto.
Da un primo esame necroscopico e dall’ osservazione dei resti, non essendoci ossa doppie, ma essendo lo scheletro perfettamente riprodotto in base all’anatomia umana, non si crea un immediato sospetto di quello che quel macabro ritrovamento sta per rivelare, si pensa invece alla più semplice delle ipotesi investigative: il marsupio è di Libero Ricci, quindi anche il corpo lo è, essendo scomparso in quella zona 4 anni prima di quel ritrovamento e residente a meno di un km di distanza, in via Luigi Rava, ma non è così.
Quello che inizialmente sembra un caso di facile risoluzione in realtà starà per rivelarsi uno dei più grandi enigmi investigativi del nostro paese.
Per volere dei figli di Libero Ricci, ma anche per soddisfare esigenze investigative si procede all’esame del DNA, attraverso l’analisi genetica effettuata su una porzione di mandibola, ma dall’ accertamento emerge che quel cranio appartiene a una donna.
Vengono effettuati altri accertamenti genetici su alcune ossa lunghe : tibia, femore, omero e radio ed emerge un altro profilo di DNA , l’esame viene ripetuto sulle parti restanti e il risultato da per 5 volte un risultato diverso., vengono estratti ben 5 profili genetici differenti
Quello scheletro è composto da 3 soggetti di sesso femminile e 2 di sesso maschile i cui resti non sono compatibili con il DNA dei familiari di Libero Ricci.
La Procura di Roma apre un fascicolo con due ipotesi di reato : occultamento di cadavere e omicidio volontario plurimo.
Ancora una volta la Magliana torna alla ribalta della cronaca nera della capitale, zona che ancora oggi non riesce a scrollarsi di dosso il riferimento automatico con la banda criminale più prolifica e potente di quegli anni ovvero la banda della Magliana, ma evoca anche il riferimento con un omicidio efferato commesso da Pietro De Negri detto il Canaro della Magliana.
Una volta stabilito che nella ricostruzione dello scheletro non compaiono duplicati di ossa, nasce l’esigenza di stabilire l’epoca di morte delle cinque persone in esso rappresentate attraverso il Bomb – Spyke , un sistema di datazione al radiocarbonio effettuato dal laboratorio Circe di Caserta.
Da questa analisi al carbonio 14 emerge che le cinque persone sono morte in epoche diverse: una delle donne è morta tra il 2002 e il 2006 con età compresa tra i 45 e 55 anni, un’altra tra gli anni 1992 e 1998 e si ipotizza avesse tra i 20 e i 35 anni, l’ultima donna si presume sia morta in un arco temporale che va dal 1995 al 2000 ed aveva circa 40 anni.
Per i resti riguardanti gli uomini invece si è arrivati alla seguente conclusione : uno di loro si pensa sia morto tra il 2002 e d il 2006 con età compresa tra i 40 e 50 anni, mentre per l altro l’epoca presunta di morte risale tra gli anni 1986 e 1989 ed aveva un’età compresa tra i 25 e 40 anni.
Epoche diverse quindi che coprono un distanziamento temporale di circa 20 anni.
Ma chi erano queste persone?
Il rinvenimento degli effetti personali di una persona scomparsa nel nulla, come Libero Ricci sono collegati con questi resti umani almeno a livello simbolico se non genetico ?
E da dove provengono le ossa?
Il fatto che l’esame dei rilievi non trovi tracce di legno e zinco fa veramente ritenere vero che le ossa non siano mai state tumulate?
Si è parlato molto dell’analisi delle ossa lunghe, le ossa piccole sono state analizzate a sufficienza?
Lo scheletro presenta realmente tutte le sue componenti o ci sono parti più piccole e complesse, mancanti?
Trafugamenti da ossari sono da escludere perché le ossa sono contenute tutte insieme, quindi mischiate ed è impossibile ad occhio nudo non duplicare mai neanche per una sola volta una parte di uno stesso scheletro, sono stati esclusi anche furti di ossa da cimiteri o da istituti di anatomia umana.
Da un ulteriore indagine genetica su un frammento di un ulna sinistra , rinvenuta durante un sopralluogo a luglio 2007 non è stato possibile estrarre un profilo genetico a seguito della scarsa conservazione del materiale biologico sottoposto all’azione devastante delle fiamme, viene però effettuata un’ indagine radiografica dato che dietro segnalazione dei parenti di Libero Ricci, il loro congiunto avrebbe patito in vita una frattura al gomito, ma l’esame non ha rilevato segni fratturativi a livello dell’estremo prossimale dell’ulna e dell’ olecrano, mentre le uniche fratture riscontrate sono state quelle a carico delle arcate costali di destra.
In seguito si procederà a fare l esame del DNA mitocondriale, ovvero per discendenza materna il quale rispetto al nucleare ha maggiori probabilità di permanere e infatti si arriva a una compatibilità di questo frammento con il profilo di Libero Ricci.
Non viene però riscontrata nessuna relazione parentale di donne defunte con il pensionato scomparso.
E’ possibile che ci sia stata una contaminazione dei reperti?
C’è stata una mancata custodia della catena di prova o effettivamente la scomparsa di Libero Ricci ha a che fare con questa vicenda e perché ?
L’esame radiografico sull’ulna rileva inoltre che in alcune ossa sottoposte alla stessa indagine è stato possibile evidenziare segni compatibili con l’azione dei denti di microfauna.
Questo fa apparire evidente che al momento in cui queste porzioni di ossa sono state deposte erano ancora connesse con i tessuti molli e ci fa anche chiedere come sia stato possibile non percepire l’odore della putrefazione, considerato che a pochi metri dal luogo del rinvenimento dello scheletro era presente un accampamento abusivo oltre la ditta che ha chiamato i vigili del fuoco.
Perché è stato scelto proprio quel luogo per depositare le ossa?
L’incendio è casuale o viene appositamente acceso per far scoprire lo scheletro?
Personalmente ritengo che l’incendio non sia affatto casuale.
Chi ha deposto lo scheletro sapientemente ricomposto, utilizzando ossa di cinque persone differenti, è un soggetto che non solo ha una profonda conoscenza dell’anatomia umana, al pari di un medico e del luogo di rinvenimento, ma quella composizione voleva che venisse trovata.
L’ha esposta come fosse un’ opera d’arte dalla quale pretendeva un riconoscimento della bravura dimostrata.
Lo ha fatto per rimarginare una ferita narcisistica, si è specchiato in essa come Narciso nelle acque del fiume e ciò che ha visto riflesso non è solo il suo vissuto, ma è il suo stesso ego che ha preso forma.
Quelle ossa non si sono scheletrizzate nel luogo del ritrovamento, ma sono state deposte poco prima dell’incendio, questo spiegherebbe la mancanza di odori percepiti dalla decomposizone dei resti.
Inoltre l’azione degli agenti atmosferici e le conseguenti modificazioni del terreno che lo ospitava e il passaggio di animali attirati dalle ossa, non avrebbero reso possibile la conservazione dei resti scheletrici nella sequenza anatomica perfettamente ordinata che lo scheletro presentava al momento del ritrovamento.
Chi ha fatto questo è sicuramente un necromane, ma anche un soggetto abilissimo, non ha lasciato almeno apparentemente traccia di se.
Probabilmente era presente durante le azioni di spegnimento del fuoco per godersi lo spettacolo da lui messo in scena in un punto nascosto dal quale ha potuto osservare ed ascoltare e compiacersi della sfida che aveva appena lanciato, del risultato del suo lavoro e di quel parossistico stupore generato.
In molti hanno ipotizzato che il collezionista di ossa possa essere un Serial Killer, ma potrebbe anche essere più semplicemente una persona con molto tempo a disposizione, che ha avuto occasione per motivi inerenti al suo lavoro di potersi procurare resti umani senza destare sospetti.
Attualmente è difficile dirlo, se fosse opera di un seriale viene da chiedersi come avrebbe smaltito le parti di cadavere non utilizzate e se le ha usate per ricomporre altrettanti scheletri , ma se così fosse avrebbe voluto farle ritrovare.
Una cosa è certa, quelle ossa potrebbero ancora dire molto.
SI potrebbero analizzare ulteriormente i resti e successivamente cercare di capire se c’e’ compatibilità con l’impronta genetica di persone scomparse in quel ventennio che non siano ancora state sottoposte a controllo.
Si è esclusa la compatibilità di uno di questi profili con Emanuela Orlandi.
Quella con Mirella Gregori invece è stata controllata?
Quelle ossa potrebbero essere appartenute a persone che vivevano ai margini della società o non censite delle quali nessuno ha reclamato la scomparsa?
Che fine ha fatto Libero Ricci?
Può un marsupio rimanere per 4 anni in un punto in cui nessuno lo ritrova fino a che non viene scoperto uno scheletro a pochi metri da esso?
Quante probabilità ha tutto questo per essere definita una coincidenza?
L’unica cosa certa in questo giallo è che si può ancora investigare.
Linda Corsaletti
Foto fonte : trasmissione Chi L’ha Visto
Comments are closed.