Negli ultimi giorni si è tornato a parlare del caso di via Poma, ma la notizia che circola sulla riapertura delle indagini è falsa. Ancora oggi ci si chiede cosa sia realmente accaduto il 7 agosto del 1990 in via Poma a Roma.
Come ho più volte spiegato in questo blog, nella quasi totalità dei casi di omicidio irrisolti, è nelle carte processuali che troviamo la verità, basta saperla leggere, estrapolare.
In questo articolo non racconterò il delitto e lo svolgimento delle fasi del processo, quello è ormai noto lo potete trovare ovunque, così come sappiamo anche che Raniero Busco, ex fidanzato di Simonetta Cesaroni e stato assolto in via definitiva dall’accusa di omicidio .
Vorrei invece soffermarmi su alcune considerazioni personali dato che in molti mi state scrivendo per chiedermi chi è per me l’assassino di Simonetta Cesaroni , ma ovviamente non posso esprimermi in tal senso.
Come ho detto a molti di voi quello che posso fare è indurvi ad un ragionamento per far sì che possiate arrivare voi stessi ad una conclusione.
Partiamo col dire che le indagini furono superficiali e ciò è in parte dovuto ai limiti conoscitivi di quegli anni delle scienze forensi il che ha prodotto inesattezze, ma ci furono anche depistaggi e molta trascuratezza.
Sulla scena del crimine ci furono contaminazioni di ogni tipo, un poliziotto continuò a fumare per tutto il tempo nelle stanze, una poliziotta fece uno strano disegno e poi ci scrisse sotto CE DEAD OK, quelli della scientifica staccarono accidentalmente l’alimentatore del computer dove aveva lavorato Simonetta e lo fecero spegnere perdendo irrimediabilmente alcuni dati. Inoltre entrarono e uscirono dalle stanze degli uffici circa 40 persone.
Questo ci ha fatto perdere una parte di verità anche se c’era chi probabilmente la verità la sapeva molto bene e se l’è portata via con se.
La morte di Pietrino Vanacore l’ex portinaio dello stabile in cui è avvenuto il delitto ha sicuramente giovato all’assassino della Cesaroni.
La sua testimonianza sarebbe stata preziosa.
Ed ecco la prima domanda: Si è realmente suicidato o è stato inscenato un suicidio? È stato spinto a farlo ?
E poi ancora : Dalle foto della scena del crimine si vedono le scarpe della vittima perfettamente appaiate e questo è un dato sottovalutato.
C’è da chiedersi chi è perché dopo un omicidio perderebbe tempo a sistemare in quel modo le scarpe della vittima? Qualcuno è intervenuto subito dopo l’uccisione della ragazza per aiutare a sistemare e depistare? Chi e perché si sarebbe preso questa responsabilità anziché chiamare subito la polizia?
Il giorno della sua morte la vittima era vestita in modo più accurato del solito, indossava parecchi gioielli e rimane il mistero della cartellina che aveva con se quando si è recata al lavoro, ma il materiale di lavoro della ragazza era contenuto nell’ufficio dove lavorava, a che le serviva quella cartellina?. Perché aveva curato particolarmente il suo look? Doveva incontrare qualcuno e voleva fare bella figura?
Alle 17.15, sappiamo che è ancora viva perché fa una telefonata alla signora Berrettini, impiegata con cui divideva la stanza, chiedendo consulenza su un codice del programma di contabilità. La Berrettini a sua volta chiede aiuto alla signora Baldi, responsabile amministrativo dell’AIAG, la quale fornisce la risposta e la Berrettini la comunica a Simonetta.
In quegli anni non esisteva la registrazione delle chiamate, per cui in assenza di riscontri dobbiamo fidarci della testimonianza di chi ha effettivamente chiamato o risposto ovvero la Berrettini e la Baldi, e il marito di quest’ultima, il signor Sibilia, anch’egli dipendente dell’AIAG, che raccoglie la chiamata della Berrettini passandola poi alla moglie. È però curioso e strano che Simonetta abbia chiamato la Berrettini, ben sapendo che non era affatto esperta sul problema da risolvere.
Quel che accade subito dopo lo scambio di telefonate, conclusosi alle 17.30 circa, possiamo solo ricavarlo dall’esame della scena del crimine.
La Cesaroni si sposta nell’ufficio del direttore, dove il suo aggressore la stordisce con un violento schiaffo e poi la trafigge con ben ventinove coltellate, inferte con un’arma mai identificata, forse si presume un tagliacarte trovato sul posto del quale si è molto parlato.
Simonetta, quando viene colpita, indossa solo il reggiseno, semiabbassato, e i calzini.
Dopodiché l’assassino forse con l’aiuto di qualcuno che è intervenuto per aiutare a pulire interviene usando presumibilmente i vestiti di Simonetta, che non saranno mai ritrovati, a parte le scarpe e il corpetto dell’abito, depositato sul suo ventre almeno quaranta minuti dopo l’aggressione, come chiarisce la perizia sulle macchie ematiche.
Un piccolo sbaffo di sangue viene rinvenuto sul telefono nella stanza della signora Maria Luisa Sibilia, una delle impiegate ciò indicherebbe che l’assassino, o un suo aiutante, abbia fatto una telefonata da quell’apparecchio. Altro sangue fu ritrovato sulla porta.
Il gruppo sanguigno è A-DQ alfa 4/4 identico a quello del figlio del portiere. Chi è stato chiamato dopo l’omicidio? Per dire cosa?
Intorno alle 20 circa la sorella di Simonetta e il suo fidanzato, preoccupati nel non veder rientrare la ragazza e di non essere riusciti a rintracciarla si recano dal suo datore di lavoro, il sig Salvatore Volponi, per farsi accompagnare dal cliente presso cui operava Simonetta, ma questi mostra di non conoscerne né il nome, né l’indirizzo esatti.
Soltanto alle 23.30, dopo svariate ricerche, Volponi, suo figlio, la sorella di Simonetta inserire al suo fidanzato raggiungono l’appartamento di via Poma.
Al loro arrivo trovano la porta chiusa dall’esterno, a più mandate, e la aprono con le chiavi della portineria.
Volponi è il primo ad arrivare nella stanza del delitto accorgendosi subito, nonostante il buio e le imposte chiuse, di Simonetta stesa a terra e grida: “Bastardo!”. A chi si riferiva ?
Perché non tutti gli alibi furono verificati? Siamo sicuri che l’assassino fosse destrorso ?
Per far luce su questo caso a mio avviso si deve ripartire dal sangue di gruppo A, quello ritrovato sul lato interno della porta e sul telefono situato nella stanza dove Simonetta lavorava. Dopo che l’analisi del DNA ha fallito occorre tornare indietro e chiedersi chi, tra i tanti personaggi coinvolti nelle indagini aveva gruppo sanguigno di tipo A, si deve accertare il movente, si deve lavorare sugli atti comportamentali.
Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni si è scagliato contro la ragazza con una furia ceca, la scena è stata ripulita, ma è certo che ci fosse molto sangue sparso e che la ragazza si è difesa con tutte le sue forze
Questa morte è solo apparentemente inspiegabile, non si tratta di un delitto perfetto, ma di un ‘indagine sbagliata se già questo di per se è intollerabile, a render ancora più avvilente il fatto che ci sia un colpevole che non ha mai pagato per questo omicidio c’è la speculazione mediatica che si cela dietro casi come questo.
Dottoressa Linda Corsaletti.
Foto fonte web.
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