Per lutto si intende qualunque sentimento di dolore che si prova per una perdita in genere quella di una persona cara, ma in psicologia si identificano con il costrutto del lutto tutti i forti sentimenti e stati mentali derivati da accadimenti più o meno inaspettati e quindi improvvisi che generano sofferenza e hanno un forte impatto psicologico ed inevitabilmente, al di là che questa perdita siamo preparati o meno ad affrontarlo, presuppongono una modifica nella vita della persona che si ritrova a gestire il dolore di un lutto. Per perdita in ambito psicologico si intende anche quella del lavoro o una separazione e ogni altra interruzione di un legame significativo, fino a quello che in assoluto rappresenta per eccellenza la parola lutto : la morte di una persona cara.

L’esperienza del dolore dovuta a un determinato tipo di perdita fa assumere quindi alla parola lutto una duplice valenza: quella di perdita di uno status sociale e quello di cordoglio dovuto al decesso di chi amiamo.
L’elaborazione del lutto consiste in una ricostruzione di una nuova struttura di significato, ma anche nel trovare una nuova modalità di senso nell’organizzazione dell’esperienza con la quale abbiamo a che fare.

Quando il lutto progredisce con l’avanzare del tempo il sopravvissuto integra gradualmente e quotidianamente l’esperienza della morte all’interno della sua vita con costanti rappresentazioni mentali della persona defunta, accompagnati da sentimenti di dolore acuto in proporzione al legame vissuto con la persona che non c’è più e rimane attaccato ad una storia passata senza riuscire ad intravedere la possibilità di andare avanti senza di essa.
Col passare del tempo man mano che la perdita viene integrata la persona riconosce la realtà della morte, ma rimane preda di un dolore acceso e penetrante che si impossessa della mente di una persona.
Quando il lutto viene definito un “lutto complicato“, può accadere che per molte persone il dolore non vada mai via del tutto , ma si trasforma.
Pensieri e ricordi dei propri cari sono profondamente intrecciati nella mente di chi è costretto a ridefinire la propria storia e quotidianità.
La mancanza del defunto può essere una parte importante e dominante della vita di chi è in lutto, soprattutto se sono presenti fattori psichici o vissuti irrisolti che interferiscono con il processo di fronteggiamento naturale del dolore della perdita. Questi fattori sono strettamente correlati alle caratteristiche della persona in lutto, alla natura del rapporto con il defunto, alle circostanze della morte o alle dinamiche che si sono verificate dopo di essa.

Le persone con lutto complicato che non riescono a trovare una via di uscita dal tunnel del dolore sanno che il loro amato se ne è andato, ma ancora non riescono a crederci o ad accettarlo.
Spesso hanno sentimenti di nostalgia e rabbia pervasivi che non sembrano diminuire col passare del tempo; pensieri, ricordi o immagini del defunto spesso catturano la loro mente, creano disorientamento e stordimento.

Possono trovare difficile immaginare che la vita senza la persona deceduta abbia significato e possono avere l’impressione di non poter più provare sentimenti positivi e ciò impedisce il processo fisiologico di elaborazione che generalmente avviene dopo la perdita di una persona cara.
Per quanto ogni lutto sia differente sono presenti reazioni ricorrenti e comuni che riguardano il susseguirsi di stati mentali e fisici che spesso si alternano e non seguono una linearità come sensi di colpa, disturbi somatici, reazioni ostili verso chi non ci fa sentire capiti, sensazioni di vuoto, costrizione toracica e occlusione faringea, confusione, disturbi del sonno e dell appetito.

Il lutto passa attraverso fasi necessarie per la sua elaborazione totale ed è un processo lento, complicato e soggettivo.
Quando la persona che ne è colpita dopo aver passato gradualmente le prime di queste fasi che vanno dalla negazione, fatta di stordimento e incredulità seguita dalla fase in cui c’è lo struggimento e disperazione per il defunto e consapevolezza della perdita,il processo del lutto tende pian piano naturalmente verso una risoluzione e questo processo non è considerato una condizione patologica poiché c’è una capacità di gestire il dolore ed un’accettazione fisiologica e psicologica della perdita.

Diverso è invece quando a seguito di morti per suicidio o estremamente traumatiche o premature, il sopravvissuto arresta le fasi precedenti che portano alla risoluzione del dolore e assume strategie difensive, cognitive, emotive e comportamentali disfunzionali, rendendo indispensabile l’aiuto di uno psicoterapeuta per impedire lo sviluppo di quadri psicopatologici.

Linda Corsaletti

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