Nel mondo criminologico, ci sono fenomeni che sfidano la comprensione e che mettono in discussione le nostre convinzioni sulla natura umana. Uno di questi fenomeni è rappresentato dai casi di bambini assassini, ossia minori di età che commettono atti di violenza estrema fino a compiere omicidi. Questi eventi tragici suscitano sconcerto e domande sulle cause che possono spingere un bambino ad assumere un comportamento così inusuale.
In questo articolo, esploreremo alcuni casi realmente accaduti di bambini assassini e cercheremo di analizzarli da un punto di vista criminologico per cercare di comprendere meglio questo fenomeno complesso.

  1. Mary Bell:

Uno dei casi più noti di bambini assassini è quello di Mary Bell, avvenuto negli anni ’60 in Inghilterra.
All’età di soli 11 anni, Mary Bell commise l’omicidio di due bambini più piccoli di lei.
La motivazione dietro i suoi atti è stata oggetto di dibattito: alcuni esperti hanno ipotizzato che Mary avesse subito abusi sessuali e fosse stata esposta a un ambiente familiare disfunzionale, mentre altri hanno suggerito la presenza di disturbi mentali. Questo caso ha sollevato interrogativi sulla responsabilità penale dei minori e ha portato a un riesame del sistema giudiziario in merito ai casi di reati commessi da bambini.

  1. Robert Thompson e Jon Venables:

Un altro caso noto è quello di Robert Thompson e Jon Venables, avvenuto nel 1993 nel Regno Unito. All’età di 10 anni, i due ragazzi rapirono, torturarono e uccisero un bambino di soli 2 anni di nome James Bulger. Anche in questo caso, le motivazioni sono state oggetto di dibattito. Alcuni esperti hanno suggerito che i due ragazzi potessero essere stati influenzati da violenza familiare o che avessero subito abusi sessuali. Altri hanno sollevato la questione dell’impatto dei media e della cultura violenta sulla loro condotta. Questo caso ha portato a una riflessione più ampia sulle influenze ambientali che possono contribuire al comportamento violento dei minori.

  1. Eric Smith:

Un caso che si è verificato negli Stati Uniti nel 1993 riguarda Eric Smith.
All’età di 13 anni, Smith uccise brutalmente un bambino di 4 anni in un parco giochi. Gli esperti hanno sottolineato la presenza di segnali di disturbi mentali, come la fissazione per il film horror “Halloween”. Smith era anche stato vittima di bullismo a scuola, il che ha sollevato interrogativi sul ruolo degli abusi subiti dai bambini nell’incitare alla violenza.

  1. Joshua Phillips:

Un caso altrettanto sconvolgente riguarda Joshua Phillips, che all’età di 14 anni uccise la sua vicina di casa di 8 anni nel 1998 negli Stati Uniti. Dopo averla uccisa.

  1. Mary Flora Bell: Negli anni ’60, Mary Flora Bell, all’età di 10 anni, uccise due bambini a Newcastle, in Inghilterra. Le sue azioni sono state attribuite a un ambiente familiare disfunzionale, abusi sessuali e negligenza. Il suo caso ha sollevato interrogativi sulla responsabilità dei genitori nel prevenire la violenza giovanile.
  2. Lionel Tate: Nel 1999, Lionel Tate, all’età di 12 anni, uccise una bambina di 6 anni durante un gioco di lotta imitando le mosse che aveva visto nella wrestling in televisione. Tate fu accusato di omicidio e condannato all’ergastolo, ma successivamente la sua condanna fu commutata in libertà vigilata. Questo caso ha sollevato dibattiti sul ruolo dei media nella promozione della violenza tra i giovani.
  1. Alyssa Bustamante: Nel 2009, all’età di 15 anni, Alyssa Bustamante uccise una bambina di 9 anni nel Missouri, Stati Uniti. Bustamante aveva precedenti segnali di comportamento disturbato, come l’autolesionismo e l’interesse per la morte. Il suo caso ha sollevato preoccupazioni riguardo alla diagnosi e al trattamento dei disturbi mentali nei minori.
  2. Jordan Brown: Nel 2009, Jordan Brown, all’età di 11 anni, fu accusato dell’omicidio della sua matrigna, che era incinta, in Pennsylvania, Stati Uniti. La sua condanna fu oggetto di controversia e dibattito riguardo alla sua capacità di intendere e volere. Brown fu successivamente dichiarato colpevole di omicidio di terzo grado.
  1. Morgan Leppert e Toby Lowry: Nel 2008, Morgan Leppert e Toby Lowry, entrambi di 15 anni, uccisero una donna di 66 anni in Florida, Stati Uniti. I due adolescenti avevano una storia di problemi familiari e abusi. Il loro caso ha sollevato domande sulla responsabilità delle istituzioni nella protezione dei minori vulnerabili.
  2. Jonelle Matthews: Nel 1984, Jonelle Matthews, una bambina di 12 anni, scomparve dalla sua casa nel Colorado, Stati Uniti. Il suo corpo fu trovato solo nel 2019. Steven Pankey, ex vicino di casa della famiglia Matthews, è stato arrestato e accusato di omicidio nel 2020. Questo caso rimase irrisolto per decenni, mettendo in evidenza la sfida delle indagini di omicidi di minori.
    I casi di bambini assassini rappresentano un fenomeno complesso che sfida la comprensione umana. Le cause che spingono un bambino a commettere atti di violenza estrema sono soggette a molteplici fattori, tra cui abusi, disturbi mentali, negligenza, ambiente familiare disfunzionale e influenze esterne come i media. La società deve affrontare tali casi con un approccio multidisciplinare che coinvolga la criminologia, la psicologia, il sistema giudiziario e i servizi sociali. È fondamentale comprendere le dinamiche che portano un bambino a commettere atti così gravi per prevenire futuri episodi di violenza giovanile.

La responsabilità penale dei minori è un aspetto controverso in questi casi. Molti paesi hanno sistemi legali che prendono in considerazione l’età e la maturità del minore al momento del reato. Tuttavia, è importante garantire che ci siano adeguati programmi di riabilitazione e trattamento per affrontare i problemi sottostanti e offrire opportunità di reintegrazione sociale per i giovani delinquenti.

Inoltre, questi casi richiamano l’attenzione sulla necessità di un’attenzione più accurata ai segnali di disagio e disturbi mentali nei bambini. È fondamentale che le famiglie, le scuole e le comunità siano in grado di riconoscere e affrontare tempestivamente queste problematiche, offrendo supporto e cure adeguate.

Infine, la prevenzione è di fondamentale importanza. Investire nelle risorse per l’educazione, la salute mentale e il sostegno familiare può contribuire a creare ambienti sicuri e salutari per i bambini, riducendo così il rischio di comportamenti violenti.

In conclusione, i casi di bambini assassini rappresentano una complessa sfida criminologica che richiede un’analisi approfondita delle cause sottostanti. È fondamentale adottare un approccio multidisciplinare per comprendere e affrontare questo fenomeno, garantendo al contempo la giustizia e la riabilitazione per i giovani delinquenti. La prevenzione e il sostegno ai bambini vulnerabili sono chiavi per evitare futuri episodi di violenza giovanile e costruire una società più sicura e compassionevole.

Dottoressa Linda Corsaletti

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