Non sempre nella sofferenza estrema si possono riscontrare propositi suicidari, può però accadere che in un soggetto piuttosto che in un altro siano presenti fattori di rischio facilitanti che tendono ad aumentare la probabilità che esso venga tentato dall’idea di togliersi la vita o addirittura compia questo atto estremo. Chi nel corso della propria esistenza si è imbattuto nella devastante tragedia di aver perso un proprio caro o conoscente per suicidio, si è inevitabilmente posto una domanda dolorosa : “Avrei potuto capirlo prima ed evitarlo ?”.
Una domanda questa che perseguita fino a trasformarsi in un lacerante senso di colpa.
Quello che può sembrare un fenomeno raro ed isolato in realtà miete ogni anno più di un milione di vittime soprattutto in età adolescenziale ed è considerata una delle principali cause di morte tra i giovani.
Un dato tanto inquietante quanto allarmante che spinge a chiedersi come mai sembra esserci una diffusa reticenza a parlare di questo argomento quasi fosse un tabù, argomento che purtroppo è fortemente legato alla convinzione che chi compie questo gesto abbia problemi psicologici o psichiatrici, quando in realtà in quel dato sopracitato solo una piccola percentuale rientra in questa casistica.
Per capire le dinamiche di questo atto estremo bisogna avvalersi di una visione multifattoriale che possa permettere di analizzare tutte le variabili che entrano a far parte di questi aspetti come ad esempio fattori precipitanti o predisponenti, abuso di alcol o droghe o caratteristiche personologiche.
Altro aspetto importante che sembra creare un alone di mistero intorno al silenzio che riguarda questo argomento è sicuramente legato ad un fenomeno emulativo conosciuto come “Effetto Werther”.
Il nome prende ispirazione da un famosissimo romanzo pubblicato nel settecento da Goethe :I dolori del giovane Werther , nel quale il protagonista per mettere fine alle sofferenze causate da un amore non corrisposto, decide di suicidarsi.
Quando il romanzo venne pubblicato ci fu in tutta Europa un’ impennata di suicidi tale da far impedire la divulgazione o far ritirare il romanzo dal commercio per mettere fine a quella che fu un’ incontrollata scia emulativa.
L’emulazione ha fatto successivamente imporre negli Stati Uniti delle linee guida e particolare attenzione sul modo in cui i media debbano riportare le notizie di suicidio.
Parlarne con le giuste modalità può essere utile a diffondere conoscenze di supporto al contenimento e alla prevenzione di questo fenomeno e liberarlo dal peso dello stigma sociale che ancora oggi si porta dietro.
Grazie al contributo di una scienza importantissima come la suicidologia lo studio scientifico del comportamento suicidario, la comprensione profonda delle varie cause che possono portare un soggetto a compiere il suicidio e la prevenzione delle stesse è sempre più diffusa ed è anche un valido supporto per tutti coloro che hanno perso qualcuno in questo modo e si ritrovano a fare i conti con emozioni laceranti e contrastanti che impediscono una sana eleborazione del lutto, soprattutto in quei casi in cui emerge che il soggetto che ha compiuto questo gesto ha lanciato segnali di aiuto e di allarme non immediatamente decifrati i quali avevano l intento di comunicare che la vera intenzione non era togliersi la vita, ma solo spegnere un dolore.
Secondo l’organizzazzione mondiale della sanità (OMS), nel mondo si verifica un suicidio ogni 40 secondi.
Oggi i mezzi conoscitivi di prevenzione e contrasto ci sono ed è importante la loro divulgazione.
Per chi volesse approfondire queste tematiche o ha bisogno di un sostegno emotivo può rivolgersi a l osservatorio violenza e suicidio www.osservatorioviolenzaesuicidio.it
Linda Corsaletti
foto fonte web
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