Quante volte vi è capitato di imbattervi in un incidente stradale e accorgervi che il rallentamento delle auto è spesso dovuto alla curiosità dei passanti che non riescono a fare a meno di fermarsi a guardare?
Tragedie e disastri hanno il potere di attrarre, di suscitare curiosità, cosi come la morte di individui in contesti che sfuggono al controllo umano.
Se questi eventi non sono filtrati attraverso lo schermo della nostra tv, ma diventano tangibili ecco che le emozioni si intensificano e diventano reali. L’attrazione per ciò che spaventa, ma al tempo stesso incuriosice è uno dei motivi che spinge sempre più persone ad intraprendere viaggi per visitare luoghi dell’ orrore diventati tristemente famosi per accadimenti catastrofici e macabri.
Questo fenomeno prende il nome di “dark tourism” ed ha come mete luoghi che diventano siti di attrazione per questo tipo di turismo in quanto trasudano morte e orrore.
Visitarli in prima persona senza intermediari, quali ad esempio programmi tv, li rende autentici.
In gran parte del mondo, ma anche in Italia esistono questi “cacciatori di emozioni” che si mettono uno zaino in spalla e partono verso mete dell’orrore. Pensiamo ad esempio alla corsa al selfie dopo il distraso della costa Concordia o all’assalto dei curiosi nella villetta di Avetrana, a segiuto dell’ omicidio di Sara Scazzi.
Questi pellegrinaggi mettono in moto ogni anno milioni di persone e pur se di cattivo gusto il fine puo’ essere spesso innocuo, come esorcizzare la più grande paura dell’uomo ovvero la morte, soprattutto in una società sempre più individualista, in cui la solidità dei rapporti umani è maggiormente minata dall’incertezza dell altro e dal senso di solitudine che ci accompagna lungo il cammino di una vita che può abbandonarci in qualunque momento e questi eventi catastfrofici fungono da “memento mori”, ci ricordano che dobbiamo morire. Scelte discutibili per ricordarselo, ma sicuramente più accettabile rispetto ad un’altra forma di turismo che è quello sessuale minorile.
Scritto per infooggi. Foto fonte web
Linda Corsaletti
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