Alla base di numerose dinamiche patologiche che interessano il criminologo in quanto esperto anche di prevenzione di situazioni potenzialmente pericolose vi è il modo di concepire il mercato del lavoro. Sempre più spesso teatro di sfruttamento e di persecuzione da eccessivo carico di lavoro.
il termine burnout venne utilizzato per la prima volta nell’ambiente sportivo negli anni ’30 per riferirsi agli atleti che, dopo alcuni successi, non riuscivano a mantenere gli stessi elevati standard raggiunti in precedenza .La traduzione letterale del termine burnout è “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito” In seguito il termine è stato ripreso dalla psichiatra C. Maslach per definire il burnout come una sindrome da rapido esaurimento emotivo e fisico ed erosione dell’impegno nel lavoro, risultato dello stress cronico nelle persone che si occupano degli altri esseri umani, in particolare se questi hanno problemi o stanno soffrend.e Il burnout si riferisce al solo contesto lavorativo anche se la sindrome ha delle conseguenze fisiche e psicologiche.
l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha inserito il burnout nella nuova Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) definendo la sindrome non come una malattia a se stante, ma più precisamente come un fenomeno occupazionale.
La sindrome è quindi la conseguenza dello stress cronico sul lavoro che non è stato gestito efficacemente e che:
- influenza lo stato di salute della persona,
- rappresenta una delle ragioni per cui si contattano i servizi sanitari a causa delle sue conseguenze.
Le professioni più colpite sono quelle che implicano un contatto costante con le persone e le loro esigenze, che richiedono di essere sempre a disposizione e il cui obiettivo professionale è il benessere e la risoluzione tempestiva dei loro problemi. Non solo quindi le professioni mediche inclusi, infermieri ma anche psicologi,forze dell’ordine, polizia locale,carabinieri, insegnanti ed anche tutte le categorie che hanno a che fare di frequente con il pubblico.
Anche se non è una condizione medica o una malattia mentale, ha delle conseguenze fisiche, psicologiche e sociali per le persone coinvolte, le famiglie e l’ambiente lavorativo.
Le cause del burnout sono da ricercare nelle situazioni di forte divario fra le richieste dell’ambiente lavorativo e le risorse proprie del lavoratore, divario che consuma, brucia l’energia e l’entusiasmo della persona.
Non è quindi un problema della persona, ma della relazione di questa con il contesto lavorativo nel quale opera.
Un ambiente lavorativo può essere estremamente stressante, alienante per alcuni invece e motivo di crescita per altri, ma è l’interazione fra i diversi fattori occupazionali e i fattori individuali che causa il burnout, soprattutto nei primi anni di carriera e più frequentemente nel sesso femminile.
I fattori che contribuiscono al burnout sono:
- sovraccarico di lavoro,
- turnazione lavorativa,
- mancanza di stimoli e gratificazioni,
- retribuzione non adeguata,
- crollo del senso di appartenenza al gruppo,
- impossibilità a partecipare alle decisioni,
- assenza di equità,
- valori contrastanti,
- ambiguità o conflitto di ruolo,
- personalità
- introversa,
- autoritaria e rigida,
- di tipo A (ambizioso, competitivo, esigente, puntuale, aggressivo),
- vita iperattiva,
- definizione di obiettivi irrealistici,
- abnegazione nel lavoro.
C’è da specificare che Burnout e stress non sono la stessa cosa, anche se si tende a confonderli forse per non accettare di essere completamente esauriti. È vero però che lo stress cronico porta alla sindrome e che i sintomi sono simili a quelli ansiosi e depressivi.
Per la ICD-11 il burnout non è una malattia, bensì una condizione che contribuisce allo sviluppo di altri disturbi con particolare tendenza a
- somatizzazione (comparsa di sintomi fisici come espressione di malessere psicologico),
- disturbi del comportamento,
- abuso di alcol, psicofarmaci e fumo.
La sindrome non insorge improvvisamente, è invece caratterizzata da un decorso subdolo e difficile da identificare, colpendo tre dimensioni:
- Energia. L’esaurimento è la prima reazione allo stress cronico quando la persona, avendo oltrepassato il suo limite massimo di gestione della tensione, si sente prosciugata e incapace di recuperare le energie.
- Coinvolgimento. La persona mette in atto dei comportamenti nel tentativo di proteggersi dall’esaurimento:
- distacco,
- freddezza,
- disimpegno,
- cinismo,
- abbandono dei valori,
- malevolenza nei confronti del proprio lavoro.
- Efficacia. Col tempo si sviluppano sentimenti negativi verso il lavoro che viene visto come opprimente. Si manifestano parallelamente
- perdita di fiducia nelle proprie capacità,
- inefficienza,
- inadeguatezza,
- insoddisfazione.
In base alle dimensioni maggiormente interessate si avrà una costellazione di sintomi diversi che purtroppo spesso danno inizio a un escalation responsabile della caduta in una spirale che può concludersi con la perdita del lavoro.
La diagnosi di sindrome da burnout è clinica e si basa sul colloquio con il medico per indagare la presenza dei sintomi
Esistono alcuni questionari che esplorano il benessere lavorativo, la soddisfazione psicologica e il carico di lavoro (come l’Employee Wellbeing Questionnaire, il Questionario sul benessere lavorativo).
Attualmente, l’OMS ha vagliato delle linee guida basate sull’evidenza scientifica (evidence-based) che mettano al centro il benessere mentale nei luoghi di lavoro.
Come riconoscere i sintomi comportamentali, fisici e psicologici ?
- Alta resistenza ad andare a lavoro, assenteismo per malattia, richieste di invalidità,
- presenzialismo (recarsi a lavoro nonostante si è ammalati con conseguente perdita di produttività),
- disinvestimento dal lavoro e isolamento (difficoltà a sorridere a lavoro, guardare incessantemente l’orologio, perdita di interesse, allontanamento e reazione negative verso colleghi o utenti),
- evitamento delle relazioni interpersonali, conflitti con i colleghi o familiari,
- perdita di autocontrollo,
- abuso di alcol, fumo o psicofarmaci.
I meccanismi biologici dello stress cronico deteriorano lo stato di salute di una persona perché
- attivano in maniera esagerata le funzioni vitali (battiti, pressione),
- danneggiano il sistema immunitario e il metabolismo
e, non da meno, favoriscono l’adozione di stili di vita non sani come
- alimentazione squilibrata,
- sedentarietà,
- fumo e alcol.
Le conseguenze fisiche più evidenti sono:
- stanchezza cronica con incapacità a recuperare,
- malattie cardiovascolari e tutti i fattori di rischio collegati (ipertensione, aumento del colesterolo e trigliceridi, obesità, diabete, sindrome metabolica, infarto, ictus e ricoveri in ospedale associati),
- dolori muscolo-scheletrici (testa, collo, spalle, schiena, petto e dolori generalizzati) e addominali,
- disturbi gastrointestinali (diarrea, nausea, mancanza di appetito),
- infezioni ricorrenti respiratorie e gastrointestinali (influenza e gastroenteriti),
- vertigini,
- affanno.
I sintomi psicologici più evidenti sono :
- Costante tensione,
- irritabilità,
- insonnia,
- depressione,
- pianto,
- cinismo,
- depersonalizzazione (sensazione di essere distaccati da se stessi, di guardare la scena da spettatori, dal di fuori),
- frustrazione,
- senso di fallimento,
- apatia,
- demoralizzazione,
- distacco emotivo.
Per curare questa sindrome è necessario rivolgersi ad uno specialista anche se per molti ancora non è facile riconoscere di aver bisogno di un supporto psicologico a causa del pregiudizio che ancora oggi ruota intorno alla salute mentale, argomento visto con circospezione da molti.
Dottoressa Linda Corsaletti
foto fonte web
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