Lunedì 22 giugno, un agente di polizia fuori servizio vede un 66 enne sollevare un cane inerme con una corda appesa al collo, interviene immediatamente cercando di impedire quell’ orrore e mostrando il tesserino al padrone del cane, il quale risponde dicendo che il cane ormai è morto. L’intento dell’uomo era anche quello di fare a pezzi il cane dopo averlo ucciso.
Al momento del fatto era in compagnia di due donne ucraine .
Oggi la pena stabilita nei confronti dell’autore del gesto criminale è una semplice denuncia, pertanto verrà rimesso in società.
Nonostante una moltitudine di studi scientifici ormai da anni abbiano spiegato e dimostrato in maniera esaustiva ed incontestabile che esiste una relazione inscindibile tra il maltrattamento e uccisione di animali e la pericolosità sociale e che il maltrattamento di specie è considerato dalla comunità scientifica internazionale un sintomo spia di patologie psichiatriche insorgenti o conclamate o che più semplicemente chi infierisce crudelmente su un animale è soggetto a un’ evoluzione criminale che lo porterà, se non immediatamente fermato a riservare lo stesso tipo di trattamento anche sugli esseri umani, abbiamo nuovamente avuto l’ennesimo esempio di sottovalutazione di questo fenomeno in termini giuridici.
Questo accade perché le consapevolezze scientifiche non sono in linea con la legge sul maltrattamento e uccisione di animali, i quali attualmente sono considerati esseri viventi meritevoli solo di tutela indiretta poiché considerati semplice oggetto del sentimento di pietà che gli esseri umani nutrono nei loro confronti.
Attualmente il nostro codice penale prevede una pena massima di 2 anni, quindi senza misure cautelari, perciò senza carcere.
Purtroppo questi fatti di cronaca sono all’ordine del giorno, ma non fanno fare nessun passo avanti al governo e al Parlamento in merito a questo problema, sembrano non voler mettere mano alla proposta di legge di aumentare le pene per chi compie questo tipo di atti.
Domandiamoci se ci sentiamo sicuri ogniqualvolta viene rimesso in società un soggetto che di fronte alla scelta di liberarsi di un animale dandolo più semplicemente in adozione ha invece preferito ucciderlo proprio come in questo caso, impiccandolo con l’intenzione addirittura di depezzarlo dopo averlo guardato negli occhi mentre esalava l’ultimo respiro. Sapendo che questo tipo di atti sono prodromici di successivi atti criminali soggetti ad escalation di gravità,ci sentiamo tranquilli nel sapere che non esistono al momento misure detentive nei confronti di questi soggetti ?
Non si tratta di previsioni fatte da una fattucchiera, ma dalla scienza che ritiene il maltrattamento animale una spia di allarme da tenere in forte considerazione in quanto correlata alla pericolosità sociale.
Speriamo che le pene al riguardo verranno presto adeguate alla gravità di tali atti criminali, devianti e antisociali e che la consapevolezza scientifica riguardo a questa correlazione In futuro non venga mai più ignorata in ambito giuridico.
Linda Corsaletti
Foto fonte web
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